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Il Quaderno della Sicurezza n° 4/2023, contenente il Rapporto AiFOS, è on-line. L'editoriale di Lorenzo Fantini
Per scrivere questo editoriale mi sono ispirato ad un articolo che ho letto qualche tempo fa sul settimanale “Sette”, nella rubrica a firma di Antonio D’Orrico, che domandava ai lettori quale fosse la canzone che, secondo loro, meglio descrive la propria etica del lavoro.
Il giornalista non era bizzarro con la sua richiesta, semplicemente faceva riferimento ad un quesito che veniva posto durante i colloqui di lavoro per entrare in Dell, la nota azienda americana di computer per capire quali fossero le attitudini dei candidati.
È proprio l’etica del lavoro su cui vorrei focalizzare questo incipit. Questo in quanto ritengo che la difficoltà (che si manifesta in tutta la sua ampiezza e drammaticità leggendo il Rapporto annuale 2022, presentato il 4 ottobre scorso, nel quale viene evidenziato come nell’anno 2022 si siano infortunate, rispetto al 2021, 139.000 persone in più) di fare acquisire ai lavoratori e agli altri discenti dei corsi in materia di salute e sicurezza elementi idonei all’acquisizione della consapevolezza dell’importanza dei “comportamenti sicuri” trovi una significativa risposta in una formazione efficace, della quale il docente è parte essenziale. Il formatore deve avere ben chiara la sua importante responsabilità, vale a dire del riuscire – lavorando bene – a spingere i discenti a modificare i propri comportamenti rendendoli più virtuosi, quando non anche ad uscire dalla ripetitività di condotte troppo spesso erronee dando concretezza alle previsioni di legge che, sin dal 1994 (mi riferisco al D.Lgs. 626), hanno posto al centro del sistema di prevenzione aziendale non solo il lavoro ma, innanzitutto, il lavoratore. Per questo motivo l’etica è l’elemento essenziale per incentrare l’attività di formatore, quella ‘musica’ con cui meglio contraddistinguere questa fondamentale attività.
Viviamo infatti, inutile negarlo, una fase che oserei definire “sospesa”, in cui cioè la grande spinta propulsiva che era rappresentata dall’introduzione del D.lgs 81/08 quindici anni fa è forse venuta meno, ma – nonostante i grandi progressi fatti e le tante attività ancora da perfezionare – sembra essersi assopita quella determinazione ad andare oltre.
Ed è in questo momento che maggiormente si sente il bisogno di riflettere sul “nostro” lavoro, anche e soprattutto per guardare al di là. Perché, come dice un aforisma, “L'etica del lavoro è ciò che si fa quando nessuno ci guarda”.
A farci riflettere, come tradizione, arriva il Rapporto AiFOS 2023 che, sulla base della ricerca condotta, analizza la qualificazione dei formatori per la salute e sicurezza. Questa scelta dell’Associazione (ovviamente) non è casuale poiché, infatti, arriva proprio a distanza di 10 anni dalla pubblicazione del Decreto Interministeriale 6 marzo 2013, in cui la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, in base all’art. 6, comma 8, lettera m-bis), ha definito i criteri di qualificazione dei docenti formatori alla sicurezza.
Ecco allora che oggi il formatore, al quale non si deve solo chiedere di avere requisiti formali (quelli del decreto "qualificazione formatori" per intenderci), è chiamato a dare il suo contributo per realizzare una sempre maggiore efficacia della formazione. Oggi non può essere sufficiente per il docente limitarsi a dare evidenza del possesso formale dei requisiti di cui al decreto “qualificazione formatori”, dovendo essere in grado di adeguare le proprie tecniche di didattica e comunicazione con i discenti (oltre che i contenuti dei corsi) ai profondi cambiamenti in atto. Infatti, proprio tali mutamenti hanno interessato non solo le dinamiche lavorative – favorendo, ad esempio, le attività da remoto – ma anche quelle della formazione, ormai proiettata verso metodologie che qualche anno fa potevano essere considerate utopistiche, se non addirittura fantascientifiche, come le realtà virtuali.
Le considerazioni proposte ci potrebbero anche portare ad essere critici sulla sufficienza di questo fondamentale apporto, perché proprio il ruolo del formatore stesso, tenuto conto dello specifico contesto normativo, “assume sempre più rilevanza come figura centrale nella gestione dei processi formativi per garantire una "democrazia della formazione" in termini di misura di tutela, garanzia di accesso, diritto di cittadinanza”, come ben espresso nel contributo brillantemente proposto dalla Direzione Centrale Prevenzione Inail, in collaborazione con il Dipartimento Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale.
Vale la pena menzionare il pensiero di William Edwards Deming, nel nostro mondo conosciuto come ideatore dell’omonimo ciclo PDCA: "È fondamentale che uno scopo non sia mai definito solo in termini di attività e metodologie. Dovrà sempre essere direttamente correlato a come la nostra vita possa migliorare mediante la sua applicazione. (…) Lo scopo di un sistema deve essere chiaro a tutti all'interno di quel sistema e deve comprendere piani per il futuro. Proprio lo scopo, infine, deve essere un giudizio di valore".
Per dare una nuova etica all’attività che svolgiamo, dunque, siamo chiamati a dare il nostro contributo: del resto, le nuove tecnologie, così come il modificato contesto lavorativo sono elementi che impongono non solo a rivedere il ruolo stesso, ma ad infondergli nuova dignità e valore aggiunto.
Lo dichiarano l’Agenda Onu - evidenziando l'importanza di “un'istruzione e di una formazione di qualità per migliorare le condizioni di vita delle persone, delle comunità e delle società” - così come la Strategia europea 2021 – 2027 in tema di formazione, che rileva l’importanza “di anticipare e gestire il cambiamento nel mondo del lavoro determinato dalle transizioni verde, digitale e demografica”.
Se, dunque, in ambito teorico si vanno identificando nuovi presupposti su cui rielaborare la stessa figura del formatore, ben più difficile è trasferire tali concetti nella realtà quotidiana. I dati parlano (ancora) di un mutamento in atto e sempre soggetto a mancanze, soprattutto legate ad una mentalità che non ha ancora proceduto ad effettuare quel salto di qualità necessario.
Come riporta ancora il contributo Inail “la formazione - in particolare in salute e sicurezza sul lavoro - deve essere intesa non come obbligo ma come processo educativo, come componente essenziale della qualità della vita lavorativa, come misura generale di tutela e, quindi, come agente primario per un cambiamento culturale chiave per il miglioramento dei processi produttivi e per la valorizzazione del capitale umano”.
Pertanto, l’obiettivo è rendere il formatore come protagonista proprio del cambiamento, vale a dire le cui competenze devono essere costruite e sempre aggiornate nel tempo, di pari passo con i processi di trasformazione culturale che sono in atto, soprattutto in momenti storici in cui tutto sembra cristallizzato e dove la caratura della propria competenza non sembrano essere un valore aggiunto.
Solo attivando la nostra determinazione ad approfondire e riconoscendo a noi stessi la credibilità con cui proporci in aula per "dare" qualcosa agli altri, possiamo davvero comprendere quale sia la musica migliore per descrivere la “nostra” etica del lavoro: perché, come segnalava lo scrittore John Ruskin, “La più alta ricompensa per la fatica di un uomo non è ciò che ottiene in cambio, ma ciò che diventa grazie ad essa”.
Lorenzo Fantini
Direttore dei Quaderni della sicurezza di AiFOS, avvocato giuslavorista, già dirigente divisioni salute e sicurezza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
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