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Un contributo di Alessandro Fregni, formatore qualificato AiFOS, chimico diplomato al Master di II livello in gestione delle sostanze chimiche - REACH e CLP dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia
Il 31 Maggio 2018 è entrato in vigore, in tutte le sue parti, il regolamento 1907/2006/CE comunemente noto come REACH. REACH è l'abbreviazione di Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals, ossia registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche. Lo scopo di questa normativa comunitaria è migliorare la protezione della salute dell’uomo e dell’ambiente dai rischi derivanti dalle sostanze chimiche, stimolando contestualmente la competitività dell’industria chimica europea. Il regolamento inoltre promuove l’applicazione di metodi alternativi per la valutazione dei pericoli derivanti dalle sostanze allo scopo di ridurre il numero di test effettuati sugli animali.
Il regolamento REACH si applica a tutte le sostanze chimiche, non solo a quelle utilizzate nei processi industriali o dagli utilizzatori professionali durante le fasi di lavorazione, ma anche quelle utilizzate quotidianamente, perciò interessa una vasta gamma di aziende appartenenti a numerosi settori, anche quelle che potrebbero non ritenersi interessate dalle problematiche relative alle sostanze chimiche.
È da notare che il regolamento REACH, oltre ad applicarsi alle sostanze tal quali, si applica anche alle miscele di sostanze (preparati nella precedente normativa).
In ambito di caratterizzazione dei rischi, è oramai definizione consolidata secondo cui il rischio (R) è la probabilità (P) che, a fronte di esposizione ad un pericolo, si possa subire il danno (D) ad esso collegato:
R = P × D
Per analogia, in ambito di rischio da agenti chimici tale definizione viene spesso esplicitata come
R = E × P
In questo caso il rischio chimico (R) diventa funzione di una esposizione (E) alle sostanze chimiche, che corrisponde al concetto probabilistico inserito nella prima equazione, per un pericolo (P) intrinseco della sostanza chimica, che corrisponde al fattore “danno” nella precedente equazione.
La valutazione del rischio viene quindi suddivisa in due parti, di cui la prima, quella inerente il pericolo intrinseco della sostanza in esame, è oggetto della tossicologia che studia l’assorbimento, la biotrasformazione e l’escrezione dei tossici ed i loro effetti su organi e apparati. Nell’ambito tossicologico, la tossicologia industriale si occupa di valutare il rischio potenziale dovuto all’esposizione professionale ad agenti chimici o fisici, conoscere la relazione dose-risposta, dose effetto e determinare quale livello di risposta od effetto può essere considerato accettabile e quindi definire un livello accettabile di esposizione, in funzione anche della variabilità interindividuale alla risposta.
Sulla base di tali studi si determinano i valori intrinseci di Pericolo di qualsivoglia sostanza, che porteranno alla classificazione dei pericoli secondo quanto previsto nel regolamento 1272/2008/CE (CLP).
Una volta, quindi, conosciuto e classificato il pericolo proprio di ogni sostanza la seconda, e maggiormente importante e complessa fase della valutazione del rischio si esplicita sostanzialmente in una valutazione dell’esposizione per poi andare a caratterizzare il rischio.
Il regolamento REACH prevede che i produttori e gli importatori di sostanze chimiche, così come definite dall’art. 3 del regolamento medesimo, effettuino una valutazione della sicurezza chimica che consideri i rischi derivanti dall’uso della sostanza e suggerisca le conseguenti misure di gestione che portino ad un utilizzo sicuro della medesima. Nell’ambito di detta valutazione si dovranno tenere in considerazione gli effetti della sostanza nei confronti dell’uomo, sia in ambito lavorativo che extra-lavorativo, oltre che dell’ambiente.
Tale valutazione si articola nelle seguenti fasi:
La valutazione prevede quindi che, una volta individuati i pericoli e determinate le possibili esposizioni, si vada a caratterizzare il rischio determinato dall’impiego della sostanza e per fare questo si determinano i livelli di esposizione “sicura” (DNEL, DMEL, PNEC) al di sotto dei quali il rischio viene considerato accettabile.
Il Derived No Effect Level (DNEL) indica il livello di esposizione al di sopra del quale gli esseri umani non dovrebbero essere esposti. Esso si ricava dividendo il No Observed Adverse Effect Level (NOAEL) ricavato da studi sugli animali per i fattori di correzione che riportano tali valori ad essere paragonabili all’esposizione umana. Questo dato è quindi di fondamentale importanza per la valutazione del rischio in ambito REACH e determina il livello di accettabilità dell’esposizione all’agente chimico in esame.
Il raggiungimento di questo livello di accettabilità lo si dimostra, in ambito REACH, attraverso la creazione di scenari espositivi ed alla derivazione dell’esposizione stessa utilizzando dati sperimentali, piuttosto che derivandoli da studi su sostanze analoghe o, ed è il metodo più diffuso, da stime derivanti dall’uso di algoritmi matematici.
In questo senso la creazione di uno scenario espositivo è essa stessa una valutazione del rischio, effettuata a priori, volta ad identificare le misure di gestione dei rischi associate allo scenario e che garantiscano un utilizzo sicuro della sostanza.
Il titolo IX del D.Lgs 81/2008 e s.m.i. che rappresenta la normativa sociale in materia di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori esposti a sostanze chimiche in ambito lavorativo, impone ai datori di lavoro di effettuare una valutazione dei rischi derivanti dagli agenti chimici che sono presenti sul luogo di lavoro o che possono derivare dalle attività lavorative.
L’articolo 223 del D.Lgs 81/2008 (valutazione dei rischi) indica le modalità secondo cui effettuare la valutazione dei rischi, ed impone che il datore di lavoro determini preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e successivamente valuti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in particolare:
Oltre a questo, il D.Lgs 81/2008 specifica, all’articolo 223 comma 3, che nel caso di attività lavorative che comportano l’esposizione a più agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
Secondo quanto sopra la valutazione del rischio si dovrà basare sulle proprietà intrinseche chimico/fisiche e tossicologiche della sostanza/miscela. Per far ciò lo strumento di primaria importanza, anche se non unico, per ricavare e trasferire le informazioni di pericolosità di sostanze e di miscele, è la Scheda Dati di Sicurezza (SDS) disciplinata dal regolamento 830/2015/UE (che aggiorna l’Allegato II del REACH) che è redatta dal fornitore della sostanza/miscela ai sensi del regolamento REACH.
La SDS deve consentire ai datori di lavoro di adottare tutte le misure necessarie inerenti alla tutela della salute umana e della sicurezza sul luogo di lavoro, così come disposto dall’articolo 224 del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. e che entrano nella valutazione dei rischi come disposto dall’articolo 223 alla lettera f sopracitata. In tal senso, quindi dovranno essere prese in considerazione le misure di gestione dei rischi riportate negli scenari espositivi delle sostanze (ove presenti) ma non come sostituzione della valutazione del rischio chimico ai sensi del Titolo IX del D.Lgs 81/2008 e s.m.i.
La valutazione deve poi proseguire come indicato alla lettera c e d individuando le vie di esposizione (inalatoria, cutanea, ingestiva), definendo quantità e tempi di esposizione dei lavoratori alle varie sostanze, individuando le sorgenti di esposizione e la loro distanza dal lavoratore.
La valutazione, effettuata secondo i criteri di cui sopra, deve poi confluire, secondo quanto richiesto alla lettera e, nella caratterizzazione del rischio, ovvero nel confronto del valore misurato o stimato coi valori di concentrazione limite professionali, siano essi ambientali che biologici.
I valori di riferimento sono quelli indicati nell’allegato XXXVIII al D.Lgs 81/2008, ma è necessario considerare anche i valori pubblicati dallo SCOEL, piuttosto che, da autorevoli organismi internazionali, tra i quali il maggiormente utilizzato è la ACGIH (Conferenza Americana degli Igienisti Industriali).
Punto di congiunzione tra il regolamento REACH e la normativa sociale è la trasmissione delle informazioni all’interno della catena di approvvigionamento (titolo IV del regolamento REACH) ed è bene notare che le disposizioni presenti nel titolo IV si applicano non solo alle sostanze bensì anche alle miscele, definite in REACH (articolo 3 - Definizioni) come una “miscela o soluzione di due o più sostanze”; questo perché si vuole che la mole delle informazioni richieste sulle sostanze non vadano perse nella catena di uso nel momento in cui queste vanno a far parte di una miscela.
L’Articolo 31 (prescrizioni relative alla schede di dati di sicurezza) recita infatti che Il fornitore di una sostanza o di una miscela trasmette al destinatario della sostanza o della miscela una scheda di dati di sicurezza compilata a norma dell'allegato II quando:
L’allegato II di REACH, contenente la struttura della scheda di dati di sicurezza e le indicazioni per la sua corretta compilazione ha subito modifiche nel tempo per adattarlo alle diverse tempistiche di adeguamento dei parametri di classificazione previsti dal regolamento CLP, l’ultima della quale è rappresentata dal regolamento 830/2015 CE, che, a far data dal 1 giugno 2015 fornisce l’ultima versione dell’allegato II di REACH e quindi in sostanza la guida alla redazione delle Schede di dati di Sicurezza.
Come precisato nell’Allegato II al regolamento REACH, chi compila la scheda di dati di sicurezza deve tenere presente che tale scheda deve informare il lettore in merito ai pericoli di una sostanza o di una miscela e fornire informazioni su come stoccare, manipolare e smaltire in modo sicuro la sostanza o la miscela in questione. È pertanto importante che le sezioni di riferimento siano tutte compilate in maniera corretta ed accurata per consentire a chi la riceve di determinare se le sostanze o miscele ricevute siano agenti chimici pericolosi e di valutare gli eventuali rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori che derivano dal loro uso.
Proseguendo nella lettura dell’allegato II di REACH, il legislatore, nelle prescrizioni di carattere generale, ci comunica che Le informazioni contenute nella scheda di dati di sicurezza devono essere redatte in modo chiaro e conciso e che la scheda di dati di sicurezza deve essere compilata da una persona competente che tenga conto delle necessità particolari e delle conoscenze degli utilizzatori. Risulta pertanto di primaria importanza che i fornitori di sostanze e miscele si attivino affinché chi redige una SDS sia effettivamente competente in materia e che abbia ricevuto una formazione adeguata.
Il punto di cui sopra, nonostante spesso tralasciato, è di importanza fondamentale per la corretta redazione della Scheda di dati di Sicurezza. Non si può pensare di appaltare ad un software la compilazione delle schede senza una preventiva fase di controllo delle informazioni che si immettono nel software ed anche un controllo dell’output.
Ad esempio nel caso in cui in una miscela avvengano reazioni chimiche tra i componenti, lasciare al software il calcolo della classificazione sulla base degli ingredienti senza preventivamente verificare effettivamente il contenuto della miscela in questione può portare ad errori anche gravi. Senza pensare che ogni qualvolta avvenga una reazione si sta a tutti gli effetti producendo una sostanza, non miscelando, e quindi si deve verificare se la sostanza prodotta non sia da registrarsi in ambito REACH.
La materia, pur nella sua semplicità legislativa, trattandosi di un regolamento comunitario, è invero è parecchio complessa nella attuazione, di non facile interpretazione e contenente una miriade di “distinguo” e di rimandi e quindi risulta molto facile commettere errori a volte anche grossolani.
Si rimarca però, che pur essendo un regolamento complesso, il linguaggio utilizzato nella scheda di dati di sicurezza deve essere semplice, chiaro ma soprattutto preciso. Non si possono quindi usare indicazioni quali «può essere pericolosa». La sostanza/miscela, o risponde ai criteri di classificazione del regolamento CLP, o non risponde, non ci sono alternative, e lo scopo della Scheda di dati di sicurezza è per l'appunto informare chi la legge anche di questo dato.
Se poi la sostanza/miscela non è pericolosa (e non contiene sostanze PBT, vPvB o soggette ad autorizzazione) allora la scheda non va redatta, quindi non si dovrebbero ricevere SDS contenenti indicazioni quali “nessun effetto sulla salute” o “innocua” o qualsiasi altra indicazione secondo cui la sostanza o la miscela non è pericolosa.
La struttura della Scheda di Dati di Sicurezza è quella ben nota a 16 Sezioni che però non devono essere viste come a sé stanti, ma devono avere coerenza tra loro. Se ad esempio una sostanza è classificata come infiammabile, ci si aspetta di trovare nella sezione 9 (parametri chimico-fisici) l’indicazione del punto di infiammabilità e del suo range, in mancanza dei quali viene spontaneo chiedersi su che basi sia stata classificata infiammabile.
Sempre la sezione 9 (unitamente alla sezione 8) è quella che riporta spesso gravi lacune, complicando, anziché semplificare come dovrebbe, il lavoro di chi deve fare la valutazione dei rischi ex D. Lgs. 81/2008.
L’Algoritmo Movarisch per la valutazione del rischio chimico per la salute in ambito lavorativo ex D. Lgs. 81/20008, nonché linea guida per detta valutazione delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Toscana, classifica le sostanze/miscele liquide in base alla loro volatilità prendendo a riferimento il parametro della temperatura di ebollizione. Tale parametro lo si deve riscontrare alla sezione 9 della SDS e la sua mancanza ha creato, e crea tuttora, non pochi problemi a chi poi dovrebbe poter valutare i rischi per i lavoratori.
Se è specificato che una determinata proprietà non si applica o se non sono disponibili informazioni su una determinata proprietà, se ne devono indicare i motivi. Non si può semplicemente lasciare il campo in bianco o scrivere “non disponibile “ o, ancora peggio “non applicabile” senza spiegare per quale motivo il parametro chimico fisico in questione non sia applicabile.
Per consentire l'adozione di misure di controllo adeguate devono essere fornite tutte le informazioni pertinenti sulla sostanza o sulla miscela.
Le informazioni della sezione 9 devono corrispondere a quelle fornite nella registrazione, (e riscontrabili sul database di ECHA).
Per le miscele tali parametri vanno misurati sperimentalmente oppure si deve indicare chiaramente a quale sostanza nella miscela si riferiscono i dati, a meno che questi non siano validi per l'intera miscela.
Anche la sezione 8 (controllo dell’esposizione/protezione individuale) è spesso carente di informazioni, col risultato, anche in questo caso, che chi poi dovrebbe trovare nella SDS le informazioni per tutelare i lavoratori (RSPP, Medico competente) non viene messo in grado di svolgere correttamente il proprio lavoro. Questa sezione dovrebbe riportare i valori limite di esposizione professionale applicabili e le necessarie misure di gestione dei rischi per la sostanza o per ciascuna delle sostanze della miscela, compresa la base giuridica di ciascuno di essi, applicabili nello Stato membro in cui viene fornita la scheda di dati di sicurezza.
Oltre ai limiti di esposizioni si dovrebbero ritrovare anche le misure di controllo dell’esposizione, sia in termini di controlli tecnici (che dovrebbero integrare/essere coerenti con quanto indicato nella sezione 7) che come DPI idonei a contenere l’esposizione al di sotto dei limiti indicati. L’indicazione dei DPI non può essere semplicemente “usare i guanti idonei” nel caso di contatto con le mani, perché questa indicazione è totalmente inutile ai fini della individuazione delle misure di tutela dei lavoratori. Si devono invece trovare chiare specifiche in merito al tipo di guanti da indossare durante la manipolazione della sostanza o della miscela, a seconda del rischio connesso alla sostanza o alla miscela e al potenziale di contatto e tenendo presenti l'entità e la durata dell'esposizione dermica, compresi almeno:
Il già citato regolamento REACH sulle sostanze chimiche ed il regolamento sui DPI, si intreccino quindi nella parte di valutazione della conformità dei componenti e del loro effetto sulla salute dei lavoratori, così come il Decreto Legislativo 81/2008, che all’articolo 76 comma 2 riporta che i DPI devono “essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore”. L’indicazione del tipo di materiale di cui deve essere costituito il DPI, soprattutto nel caso di contatto con solventi organici, ricopre quindi una grande importanza per evitare che l’uso dello stesso in rapporto alla sostanza/miscela non comporti un rischio paradossalmente maggiore, così come richiesto dal Decreto Legislativo 81/2008.
Come si vede, quindi, e come anche richiesto dal regolamento medesimo all’allegato II e precedentemente riportato, la compilazione delle SDS non è un mero esercizio di calcolo e deve venire svolto da persona realmente competente in materia. Le informazioni da fornire devono essere precise e la congruità tra le varie sezione della SDS è di importanza fondamentale per il risultato finale.
Ricordiamo che trasferire a valle informazioni incomplete, incongrue o anche sbagliate complica ulteriormente il lavoro di chi, a valle, deve effettuare valutazione del rischio Ex. D. Lgs. 81/08, oltre che esporre la propria azienda a sanzioni decisamente importanti da parte dell’autorità compente per la verifica dell’applicazione del regolamento REACH, che in Italia è il Ministero della Salute, e quindi le ASL presenti sul territorio.
Purtroppo però, nonostante il regolamento REACH rappresenti un deciso passo avanti e richieda un cambio di rotta importante rispetto alla normativa precedente, ci si scontra spesso con la resistenza al cambiamento delle persone alle quali viene richiesto un cambio di atteggiamento considerevole nella redazione delle SDS e nella loro lettura e controllo prima di effettuare la valutazione del rischio Ex. D. Lgs. 81/08.
Troppo spesso si riscontrano in mercato SDS di miscele sottoclassificate, ovvero riportanti classificazioni incoerenti, per difetto, con quelle riscontrabili semplicemente ripetendo il calcolo con le sostanze pericolose in esse contenute e riportate in sezione 3.
È ovvio che se viene a mancare questo tipo di controllo la valutazione che viene effettuata non può che sottostimare il rischio.
In considerazione di questo, e per stimolare il mercato a produrre e richiedere SDS di elevata qualità, il regolamento REACH estende gli obblighi non soltanto a chi materialmente produce la SDS ma anche a tutti gli attori della catena di approvvigionamento che si trovano così esposti alle sanzioni di cui al D. Lgs. 133/2009 (disciplina sanzionatoria per le violazioni delle disposizioni del regolamento REACH).
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
25123 Brescia, c/o CSMT Università degli Studi di Brescia - Via Branze, 45
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